La Corte Suprema sostiene che la soluzione proposta dalla dottrina maggioritaria e dalla Direttorato Generale di Registri e Notai (DGRN) porta a un risultato di assoluta mancanza di trasparenza, poiché le retribuzioni più importanti, come quelle dell’Amministratore delegato, derivano dalla conoscenza dei partner e dal potere decisionale di l’Assemblea Generale, da attribuire al Consiglio di Amministrazione.
In tale sentenza si sostiene che il concetto di remunerazione degli amministratori “nella loro qualità in quanto tale” include sia la remunerazione delle funzioni deliberative ed esecutive, sia, quindi, il regime di approvazione della remunerazione degli amministratori che svolgono funzioni esecutive non è limitato al regime dell’articolo 249 della Legge sulle società di capitali, ossia al requisito di un contratto approvato a maggioranza di due terzi dal consiglio stesso, ma, in aggiunta, deve essere soggetto al regime dell’articolo 217.
In modo definitivo, comprende che la remunerazione di tutti gli amministratori, esecutivi e non esecutivi, è soggetta all’applicazione di tre livelli di decisione:
(i) Statuto sociale, che deve determinare il sistema di remunerazione (sebbene il suo ammontare non sia menzionato);
(ii) le deliberazioni dell’assemblea generale, che devono stabilire l’importo massimo della remunerazione (compresi i dirigenti), e
(iii) le deliberazioni del Consiglio di Amministrazione, che nel quadro stabilito dallo Statuto e dalle deliberazioni del Consiglio, ripartiscono i compensi tra gli amministratori secondo le loro funzioni e responsabilità.